Economia e lavoro - 17 aprile 2023, 10:25

Crisi idrica, anche le imprese artigiane adesso hanno sete: "Ridurre perdite e sprechi: investire su strutture nuove"

De Santis (Confartigianato Torino): "Fronteggiare l'emergenza in maniera strutturale, con investimenti pubblici". A Torino sono quasi 5000 le aziende che usano molta acqua: 3223 sono artigiane

Lavanderia con oblo aperti delle lavatrici

Sono tantissime le aziende artigiane che usano molta acqua nella loro attività

Quella dell'acqua è una crisi che non conosce confini, nemmeno nel mondo economico. A preoccuparsene, tra gli altri, ci sono anche le piccole e medie imprese artigiane. 
Secondo le stime, in tutto il Piemonte, nel perimetro dei 10 settori a maggior intensità di uso di acqua operano 10.298 imprese che danno lavoro a 124.887 addetti. Le imprese artigiane sono 6.892 con 27.589 addetti. Si tratta del 66,9% del totale. Manifattura, ovviamente, ma anche servizi alla persona come lavanderie, acconciatori ed estetisti.

Torino la prima tra le province

A Torino, in particolare, le imprese che hanno bisogno di molta acqua sono 4.990, di cui 3.223 artigiane. Seguono le altre province guidate da Cuneo con 1.527 imprese (1.167 artigiane), Novara con 1.022 imprese (654 artigiane), Alessandria con 791 imprese (521 artigiane), Biella con 658 imprese (381 artigiane), Verbano con 486 (335 artigiane), Asti con 464 imprese (355 artigiane) e Vercelli con 360 imprese (256 artigiane).

Lo scorso 1° marzo il Governo ha istituito una Cabina di regia per intervenire su questo problema -commenta Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino - che potrebbe penalizzare pesantemente le imprese manifatturiere in particolar modo quelle artigiane che rappresentano la maggioranza delle imprese a maggior uso di acqua. In relazione al fabbisogno di acqua, vanno considerate anche le imprese dei servizi alla persona: lavanderie, acconciatori ed estetisti, in cui si registra un maggiore consumo di acqua per uso imprenditoriale”.

Interfventi strutturali e no ai razionamenti

L’emergenza idrica deve essere fronteggiata in modo strutturale – conclude De Santis - occorre ridurre le perdite e gli sprechi ma anche riammodernare la rete delle infrastrutture idriche che sono vetuste e richiedono costanti investimenti pubblici. Dopo la crisi sanitaria che ha messo a dura prova  trasversalmente tutti i comparti dell’artigianato (in modo particolare i servizi alla persona che hanno subito prolungati lockdown) non possiamo permetterci di subire ulteriori danni per un eventuale razionamento idrico”.

I numeri in Italia rispetto agli altri Paesi

In Italia la spesa pubblica per la gestione dell’acqua, i capitoli di approvvigionamento idrico e trattamento delle acque reflue, nel 2021 ammonta a 2,2 miliardi di euro, pari a 37 euro per abitante, meno della metà (-52,2%) dei 77 euro per abitante della spesa media Ue, un livello ampiamente inferiore rispetto ai 66 euro della Spagna e ai 74 euro della Germania e meno di un terzo dei 122 euro della Francia. Nella media degli ultimi dieci anni la spesa pubblica per la gestione dell’acqua in Italia si è ridotta di quasi un terzo (-30,5%), mentre è salita in Francia (+6,7%) e in Germania (+7,0%).

Le prospettive concrete di un razionamento dell’acqua danno un particolare significato alle perdite idriche che, dall’analisi dei dati pubblicati dall’Istat, sono pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,2% dell’acqua immessa in rete, equivalente all’89,0% dei consumi della manifattura. Se consideriamo il costo medio variabile per acquedotto della tariffa del servizio idrico, si stima un controvalore delle perdite di 2,9 miliardi di euro.

Massimiliano Sciullo

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