Li chiamano agenti di commercio, ma sono molto più noti come rappresentanti. Quei lavoratori che - campionari e valigia in mano - fanno da intermediari tra aziende e rivenditori. Una sorta di cinghia di trasmissione del commercio.
Ma la crisi morde anche in questo mondo è lo confermano i dati che, oltre a registrare circa 17mila rappresentanti in Piemonte (4300 solo a Torino), denunciano anche una forte contrazione. Dal 2013 a oggi, si tratta di cali a due cifre, che per la città della Mole arriva addirittura a -12,2%.
Rinnovo contrattuale fermo da 10 anni
"Ci sono difficoltà a fare impresa è a tutelare diritti e attività - sottolinea Giacomo Cotrona, presidente della categoria per Torino - Senza trascurare le difficoltà nell'accesso al credito".
Attualmente manca anche un rinnovo di contratto nazionale che è fermo al 2014, per il settore industriale. E addirittura al 2009 per quello commerciale. Attesa importante, se si considera che i rappresentanti di commercio intermediano per il 70% del Pil.
"Sono una categoria molto importante - ribadisce il presidente di Confesercenti, Giancarlo Banchieri - che riflettono quello che succede in generale, intermediando tra privati, piccole e grandi imprese".
Numeri in forte calo
Negli ultimi dieci anni, come detto, la presenza di rappresentanti è diminuita di oltre 2000 unità il numero degli agenti di commercio in Piemonte, pari all’11,8%. A Torino città è stato di quasi 600 (-12,2%) che diventano oltre 1.100 con la provincia. L'età media oscilla intorno ai 44 anni.
Cala il reddito, ma aumentano i costi
Le difficoltà non mancano, d'altra parte. Dai dati dell’Ufficio studi di Confesercenti emerge che il reddito lordo medio di un agente si è attestato nel 2023 fra i 40mila e i 45mila euro: una condizione che riguarda l’80% dei soggetti.
Dieci anni fa il reddito medio superava invece i 55mila euro. L’erosione del reddito è avvenuta soprattutto negli ultimi anni a partire del 2020 (anche a causa del Covid).
Nello stesso momento, però, si registra un aumento dei costi di gestione dell’attività quasi il 15%, soprattutto dovuto all’aumento dei carburanti, essenziali per una professione che ha l’auto come elemento imprescindibile.
Particolarmente colpiti l’abbigliamento, i macchinari industriali, la pubblicità, l’hi-fi professionale, il settore finanziario (alti tassi e quindi meno mutui e prestiti alle famiglie, e meno finanziamenti alle imprese). Ovviamente le difficoltà di un settore economico si ripercuotono sugli agenti che lavorano in quel settore: dunque – in termini più generali -, in questi hanno particolarmente sofferto gli agenti che operano con il commercio di vicinato; la crisi dei piccoli negozi riguarda anche loro.
Un comparto precario
Un altro aspetto della precarizzazione della professione riguarda i contratti, la cui durata media sta diminuendo sensibilmente: nel passato un agente poteva ragionevolmente immaginare di avere con la propria azienda (almeno la principale, nel caso fosse plurimandatario, cioè con la possibilità di lavorare per più aziende) una rapporto che durava, se non tutta la vita, anche venti o trent’anni. Il che rappresentava oltre che la sicurezza economica, anche la possibilità di consolidare la propria posizione professionale e reddituale.
Ora questo succede sempre di meno: in un certo senso la precarizzazione del mondo del lavoro tocca anche gli agenti di commercio. I dati degli ultimi anni dimostrano come oltre il 60% degli attuali contratti di agenzia non superi i 5 anni e, per coloro che hanno iniziato da poco l’attività, il turn-over aumenti ancora.